Brent Copeland infuriato: minaccia di procedere per vie legali
Non si placa la rabbia della Bahrain Merida dopo la caduta che ha costretto Vincenzo Nibali a ritirarsi dal Tour de France 2018. Le scarse misure di sicurezza, una via troppo stretta a causa della presenza troppo invasiva dei tifosi e nessuna transenna che separasse ciclisti dal pubblico sono i motivi che vengono sottolineati da Brent Copeland. Il team manager della squadra asiatica ha sottolineato come la Bahrain risulti essere danneggiata da quanto è accaduto sull’Alpe d’Huez. Il ritiro di Nibali non solo ha precluso la possibilità allo Squalo di gareggiare per la vittoria finale, ma anche al Team di poter arrivare a un piazzamento importante.
La caduta di Vincenzo Nibali sull’Alpe d’Huez
Sono passati ormai alcuni giorni dalla caduta e dal successivo ritiro di Vincenzo Nibali, eppure la furia in casa Bahrain Merida sembra non essere stata ancora smaltita.
Il ciclista italiano, a quattro chilometri dal traguardo e sull’Alpe d’Huez, si è ritrovato a casa perdendo la possibilità non solo di lottare per la vittoria di tappa, ma anche di proseguire la sua avventura nel Grande Boucle. Le immagini sono chiare: a causare la caduta è stato un tifoso. Nibali è rimasto impigliato nel cinturino di una macchina fotografica, perdendo il controllo della bibicletta e finendo a terra.
Nonostante tutto si era rialzato e, grazie anche al gruppo che l’ha aspettato, aveva ripreso tutti. Ma l’esito della radiografia era stato chiaro: frattura di una vertebra e Tour finito. Il programma stagionale per Nibali non cambia, con Lo Squalo che correrà la Vuelta e soprattutto il Mondiale di Innsbruck.
Le parole di Brent Copeland
E’ un Brent Copeland senza freni quello che si è rivolto all’Unione Ciclistica Internazione. Le parole del team manager sono state rilasciate a La Gazzetta dello Sport, che ha ospitato una versione palesemente infuriata di Copeland. E’ certo che la furia dopo la caduta di Nibali non è stata ancora smaltita.
“Alla base del problema c’è sempre la sicurezza. Evidentemente non ci sono abbastanza controlli, non ci sono gli investimenti necessari. Questo non è accettabile. Non stanno facendo abbastanza. Ho in mente il modo in cui era stata gestita la tappa dello Zoncolan al Giro, con tutta quella gente a fare un cordone di sicurezza. Esemplare. Dove è successo l’episodio di Nibali, le persone avevano spinto via le transenne”. Polemica anche sui tempi assegnati al ciclista, finito a 13 secondi da Thomas: “Rispetto a quanto successo nel 2016 a Froome sul Ventoux, ci è stato detto che allora c’era stata la colpa della moto e non era stata una situazione normale. Ma neppure l’accaduto sull’Alpe d’Huez lo era. Nibali sarebbe arrivato di sicuro con i primi“.
Infine la minaccia di procedere per vie legali: “Prima del Tour, i gruppi sportivi avevano scritto all’UCI sulla sicurezza, alla luce delle proteste antiSky. Ma la federazione non ha mai risposto. Siamo stati danneggiati e stiamo valutando un’azione legale. Abbiamo chiesto all’associazione squadre e ci dovrebbe essere un precedente in tal senso”.