Passo Pordoi
Il Passo Pordoi occupa un posto di primissimo piano nelle pagine più ingiallite della storia del Giro d’Italia. Oggi la salita non è tra le più difficili e temute, ed anche un onesto cicloamatore è in grado di affrontarla senza grandi difficoltà. Nel ciclismo di Coppi e Bartali invece il Pordoi era una vetta ardua da superare, una montagna che chiedeva tutto ai corridori: il fondo sterrato, le biciclette pesanti, l’assistenza tecnica approssimativa rendevano la scalata difficile e selettiva.
Non è un caso che il Giro in quegli anni affrontasse quasi sempre il Passo Pordoi e che qui si siano consumate tappe rimaste indimenticabili.
Geograficamente il Passo Pordoi si trova nelle Dolomiti, tra la Marmolada e il Gruppo del Sella. Il passo è raggiungibile da Canazei, il versante affrontato solitamente quando in vetta è posto l’arrivo, oppure da Arabba.
Il Pordoi è legato a doppio filo al nome del Campionissimo, Fausto Coppi, che qui passò in testa per ben 5 volte scrivendo pagine memorabili. Eppure la prima assoluta del Passo Pordoi al Giro, nel 1940, fu in una giornata particolarmente dura per un giovanissimo Coppi. Appena ventenne il campione di Castellania era partito in quel Giro come gregario di Bartali nella Legnano, ma la corsa invertì i ruoli e consegnò la maglia rosa a Coppi, complice una caduta del toscano nelle tappe iniziali. Sulle Dolomiti, in una giornata di freddo e neve, Coppi andò in netta crisi proprio affrontando il Pordoi. Fu Bartali ad aiutarlo, con un episodio raccontato anni dopo da Ginettaccio: la giovane maglia rosa Coppi sembrava volersi arrendere al ritiro, ma Bartali lo sferzò con la neve fresca e con parole dure, dandogli dell’acquaiolo, che in toscano sarebbe una persona debole, di scarsa tempra. Alla fine grazie all’aiuto di Bartali, Coppi salvò la maglia rosa e vinse il suo primo Giro d’Italia.
Poi la storia vide ben 5 volte Coppi passare per primo sul Passo Pordoi: storica fu la fuga del 1949, quando scalò il Pordoi in perfetta solitudine per vincere la tappa dopo una lunghissima fuga. Non è un caso che il Pordoi sia la vetta che più volte è stata la Cima Coppi del Giro d’Italia: l’istituzione di questo premio, riservato al corridore che transita per primo sulla cima più elevata del Giro, è datata 1965 e da allora in ben 13 occasioni è stato proprio il Pordoi a fregiarsi del titolo di Cima Coppi con i suoi 2239 metri.
Dal 1990 il Passo Pordoi è stato proposto più volte anche come sede d’arrivo, confermandosi un teatro naturale impareggiabile per il ciclismo: la sua conformazione ampia e con tornanti ravvicinati nel finale, lo rende una sorta di stadio per il ciclismo, in cui gli appassionati possono gustarsi ampi tratti di scalata. Nel ’90 Bugno, dominatore di quel Giro in una stagione trionfale, in rosa dal primo all’ultimo giorno, giunse in vetta con Mottet. Al momento di giocarsi la prestigiosa tappa in volata però Gianni si attardò a smanettare, più o meno volutamente, sulle leve del cambio ed il francese lo superò facilmente. Un gesto, l’altruismo di Bugno, che non piacque a tutti: su altri palcoscenici sarebbe stato plausibile ma non sulla montagna di Coppi.
L’anno successivo il Giro, forte di quella bella esperienza, ripropose il traguardo sul Pordoi e stavolta chi indossava la maglia rosa non lasciò nessuna briciola agli avversari. E’ l’anno magico di Franco Chioccioli, il Coppino per via della sua somiglianza (fisica) con il grande Fausto. Quell’anno però, ormai verso la maturità agonistica, Chioccioli scopre sprazzi degni di Coppi: sul Pordoi è già in maglia rosa, ma non si accontenta. A poco più di 4 km dal traguardo, approfittando anche di una pesante crisi di Bugno, attacca deciso, se ne va da solo, riprende il fuggitivo Marco Giovannetti e lo molla sul posto. Gli ultimi km sono per Chioccioli un’apoteosi tra due ali di folla festante. All’arrivo Chiappucci è staccato di quasi un minuto ed il Giro è praticamente conquistato, ma Chioccioli regalerà ancora un altro volo solitario nel’ultima tappa di montagna, sul Mortirolo.
Il Giro d’Italia è tornato sul Passo Pordoi nel ’96, con la classica doppia scalata dal versante di Canazei inframezzata dalla durissima Marmolada. A trionfare fu il bresciano Enrico Zaina, che per lo spazio di qualche ora dette l’illusione di poter vincere il Giro. In vetta al Pordoi infatti si scrisse una classifica generale con tre uomini in un fazzoletto di secondi, Olano, Zaina e Tonkov, mentre Bugno miracolosamente risorgeva con una bellissima tappa dopo un Giro in cui aveva mollato prima di cominciare la battaglia. A dirimere la questione di quel Giro a favore di Tonkov fu poi il Mortirolo. Da ricordare anche che sul Pordoi Gilberto Simoni vestì la sua prima maglia rosa, al termine della tappa del 2001 che lo vide arrivare in vetta insieme a Perez Cuapio, con il messicano vincitore di tappa. Lo stesso Perez Cuapio è passato per in vetta al Pordoi nel 2002, nell’ultima occasione in cui la montagna è stata Cima Coppi: quel giorno il messicano compì l’impresa più bella della sua altalenante carriera, portando a termine una lunga fuga che lo vide da solo già sulla Marmolada e poi fin sull’arrivo di Corvara. Da allora il Passo Pordoi è stata una presenza sempre più marginale nella geografia del Giro d’Italia, scalzato da nuove e più difficili salite.