Alfredo Binda, pagato per non correre
E’ una delle storie più note e emblematiche della storia del Giro d’Italia. Un campione tanto forte da togliere interesse alla corsa e consigliare agli organizzatori una proposta un po’ folle e mai più ripetuta: un premio pari a quello del vincitore del Giro d’Italia per starsene a casa. Quel campione era Alfredo Binda, l’unico pagato per non correre.
Ma nella storia di cui tutti gli appassionati di ciclismo hanno sentito parlare ci sono retroscena e dettagli meno noti. Storie che hanno dato vita ad altre storie e leggende negli anni a seguire.
Siamo sul finire degli anni Venti quando la supremazia di Alfredo Binda diventa sempre più schiacciante. Vince quattro volte il Giro d’Italia, tre consecutive. Vince tappe su tappe, in tutti i modi e su tutti i percorsi, arrivando la record di ben 12 tappe su 15 in una sola edizione. Un dominio che toglie interesse e non piace al pubblico, che non ama fino in fondo l’aristocratico Binda e il suo modo perfino presuntuoso di vincere. E’ invece il popolano e sanguigno Learco Guerra, il grande avversario di Alfredo Binda, a ad animare di più gli entusiasmi della gente.
Il dominio incontrastato di Alfredo Binda fa calare l’interesse verso il Giro e così in vista dell’edizione del 1930 l’organizzazione fa quella proposta proibita per toglierlo di mezzo. Gli promettono un premio in denaro pari a quello spettante al vincitore, 22500 lire, per non correre il Giro. Sono tanti soldi e Alfredo Binda accetta. Oltretutto è l’occasione per poter finalmente prepararsi a correre il suo primo Tour de France. E così Binda non corre il Giro, si allena per il Tour e va in Francia a capo della nazionale azzurra, in quella formula che tanta fortuna ha assicurato ai francesi. Binda comincia a vincere anche sulle strade di Francia. Vince tutte e due le tappe sui Pirenei, poi però misteriosamente si ritira. Cosa è successo? Anni dopo Alfredo Binda rivelerà che quei soldi promessi dal Giro non erano arrivati e sentitosi ingannato aveva lasciato il Tour. Una decisione di cui poi il campione finì per pentirsi, perchè davvero avrebbe potuto vincere il Tour de France e perchè quei soldi poi alla fine arrivarono tutti.
Ma anche grazie a quel ritiro mai dimenticato si compì qualche anno dopo la più leggendaria annata di Fausto Coppi. Era il 1949, il ciclismo del dopoguerra che suscita entusiasmi straordinari, la rivalità tra Coppi e Bartali che divide ed accende l’Italia. A guidare la nazionale al Tour de France è proprio Alfredo Binda, ormai nel ruolo di CT. E’ una nazionale che nasce tra mille discussioni e polemiche. Bartali non vuole Coppi. Coppi non vuole Bartali. Alla fine Binda riesce a convincerli e metterli d’accordo: si va in Francia con i due grandi rivali alla testa della nazionale. Per Coppi è la prima volta e la sua corsa si mette subito male. Cade nella tappa di Saint Malo. La bici si rompe, l’ammiraglia non c’è. Coppi, in preda ad una crisi di nervi, vuole ritirarsi. Arriva infine Binda con l’ammiraglia e si riesce a farlo ripartire. Il Campionissimo arriva al traguardo in grande ritardo e la sera in albergo vuole lasciare il Tour. Ma Alfredo Binda tira fuori quel vecchio episodio guardando negli occhi Coppi: “Fausto, nella mia carriera ho un solo rimpianto, essermi ritirato dal Tour. Non commettere lo stesso errore”. E così convince Coppi a ripartire. E comincia la rimonta: vince a cronometro, attacca con Bartali nella tappa dell’Izoard, ancora nell’altro tappone alpino arrivando da solo ad Aosta. Ed anche l’ultima crono è un trionfo. A Parigi il ciclismo applaude il primo campione in grado di vincere Giro e Tour nello stesso anno. Anche grazie a Alfredo Binda e a quei soldi arrivati in ritardo.