I recenti casi di Davide Rebellin e Diego Ulissi hanno riproposto l’assurdità di certe regole, scritte e non scritte, del ciclismo. Regole che si sovrappongono in nome di un ciclismo più credibile ma che in realtà fanno solo male al nostro sport.
Il caso di Diego Ulissi rischia di diventare imbarazzante. Il corridore livornese potrà rientrare alle corse da fine marzo dopo aver scontato nove mesi di squalifica per la positività al salbutamolo, più una negligenza in realtà che un caso di doping. Ma non sappiamo se potrà farlo con la Lampre e se a fine stagione potrà eventualmente prolungare il suo contratto con la squadra blufucsia. Il motivo è che la Lampre ha aderito al Movimento per un Ciclismo Credibile, che impone regole diverse rispetto a quelle ufficiali dell’Uci. Il Movimento vieta alle squadre che ne fanno parte di ingaggiare corridori rientrati da squalifiche per doping nei due anni successivi alla fine della squalifica.
Tra la Lampre e Ulissi c’è un contratto in vigore fino al termine della stagione, siglato prima del caso di doping. Le regole del Movimento non sono chiare su un caso del genere, ma Ulissi potrebbe anche essere costretto a cambiare squadra, subito o a fine stagione. Per assurdo potrebbe correre in altre squadre World Tour perchè nella massima serie ce ne sono diverse, come Etixx o Trek, che non hanno aderito al Movimento e possono quindi ingaggiare chi vogliono.
La cosa curiosa è che del Movimento per un Ciclismo Credibile fanno parte le squadre più discusse e al centro di inchieste o casi di doping, come Astana o Lampre, mentre molte squadre dalla fedina penale pulita hanno preferito declinare l’invito. Insomma questo Movimento sembra più una superficiale autocertificazione di pulizia più che un reale aiuto nella lotta al doping.
Pur diverso, ha alcune sfumature simili, il caso di Davide Rebellin. La sua CCC Sprandi ha ricevuto la wildcard per correre il prossimo Giro d’Italia, ma l’organizzazione del Giro ha fatto sapere di non gradire la presenza di Rebellin (e di Schumacher) alla corsa rosa. Come tutti ricordano Rebellin è stato al centro di un caso di doping clamoroso, costretto a restituire una medaglia olimpica. Non un esempio di pulizia, insomma. Ma pur mantenendo un giudizio severo sul passato di Rebellin siamo assolutamente contrari a queste mezze soluzioni, a corridori che possono correre alcune corse ed altre no, così come a poter correre in certe squadre e non in altre come può succedere ad Ulissi.
Sul doping serve severità, ma anche chiarezza ed equilibrio per poter essere credibili. Noi siamo per la squalifica a vita in casi gravi come quello di Rebellin. Ma il corridore o si squalifica a vita o quando ha scontato la sua pena deve poter correre dappertutto, in qualsiasi squadra e in qualsiasi gara. Basta alle mezze soluzioni: o si può correre dappertutto o non si può correre da nessuna parte! Basta alle regole che si sovrappongono ad altre regole! Agli organismo autoreferenziali e agli organizzatori che lanciano il sasso e nascondono la mano. Solo così il ciclismo potrà recuperare una credibilità non solo di facciata.