Dalle pagine del Telegraph scopriamo alcuni passi dell’autobiografia di Mark Cavendish che sta per essere pubblicata. Ci sono soprattutto un paio di passi interessanti, sulla difficile esperienza in Sky e sul rapporto tra il doping, il ciclismo e gli altri sport.
Cavendish ha raccontato un episodio emblematico della sua stagione in maglia Sky.
Al Tour de France dello scorso anno Cav ha capito che il rapporto tra lui e la squadra britannica non poteva continuare. Un aneddoto spiega tutta la frustrazione del miglior velocista del gruppo, arrivato a quel Tour in maglia iridata, consapevole di dover dividere la squadra con Bradley Wiggins, ma non di finire nel dimenticatoio: “Nella sesta tappa c’è stata una caduta a 26 km dall’arrivo. Sono finiti per terra decine di corridori, tanti altri sono rimasti attardati. Sono riuscito ad evitare la caduta, ma una gomma mi è esplosa. Ho detto alla radio che avevo forato ma nessuno mi ha risposto. L’ho ripetuto, sono rimasto per qualche centinaio di metri in coda al gruppo, poi è iniziata una discesa e con la gomma a terra non potevo tenere il ritmo. Infine è arrivato Sean Yates, il direttore sportivo, con l’ammiraglia. Mi hanno cambiato la ruota e sono ripartiti velocemente senza nemmeno aiutarmi”.
Davvero troppo per un campione come Mark Cavendish: “Non ero mai stato abbandonato in quel modo dopo un incidente meccanico, nemmeno nel mio primo anno da professionista. Eravamo al Tour de France, ero il Campione del Mondo e il favorito della tappa! Mi sono sentito senza speranza. Era il 6 luglio ed ho capito che quello sarebbe stato il mio ultimo Tour de France con la Sky. E’ stato anche il giorno in cui ho parlato per l’ultima volta con Yates”.
Come di consueto niente mezzi termini anche su argomenti delicati, come il doping. Mark Cavendish ha attaccato il mondo del tennis. “La mia vera frustrazione è vedere la divergenza tra il nostro sport e gli altri. Prendete il tennis. Cinque anni dopo l’UCI, nel 2013, l’ITF lancia il passaporto biologico, Due anni fa, ci sono stati nel tennis solo 21 controlli sul sangue fuori dalle competizioni contro i 4613 nel ciclismo. E poi si sente Agassi dire che il tennis è sempre stato all’avanguardia nella lotta al doping o Marion Bartoli che il doping nel tennis non esiste. E questo non fa che confermare agli occhi del pubblico che il ciclismo sia una sport di dopati mentre gli altri sono puliti”.